Sicurezza in bicicletta parte 3ª: il percorso casa-scuola

Di EMANUELE ZANGARINI ,

Attenti a quei due.
Attenti a quei due.

Con l'avvicinarsi dell'apertura delle scuole corre nuovamente il pensiero alle città bloccate dal traffico: davanti alle scuole i genitori solerti porteranno i figli a scuola in automobile. I meno educati posteggeranno in seconda e terza fila per scaricare i pargoli, calibrandone balisticamente l'espulsione dalla vettura per centrare l'ingresso del cancello.

Se nel 1971 8 bambini su 10 andavano a scuola a piedi o in bici, oggi oltre 2 su 3 vanno a scuola in automobile. Come si traduce questa abitudine nella nostra vita quotidiana? Oltre al traffico delle strade prossime alle scuole all'apertura e alla chiusura, aumenta l'inquinamento particolarmente pericoloso per la salute dei bambini e si fanno più frequenti gli incidenti stradali.

I numeri di una cattiva abitudine
La maggior parte degli incidenti automobilistici avviene sulle strade urbane (76%, dati ISTAT 2009), anche se i più mortali avvengono sulle strade extraurbane. L'ISTAT indica fra le ore 8 e le 9 il primo picco di incidenti proprio per gli spostamenti da casa a lavoro o da casa a scuola.

La sola categoria dei pedoni costituisce il 6,6% dei feriti e il 15,7% dei morti: fra i pedoni, a farne le spese più di tutti gli anziani (over 70) mentre fra le categorie di veicoli le biciclette condividono con i motocicli il triste primato dell'indice di mortalità (1,9).

In Italia dal 2004 al 2008 si sono verificate 750 morti e 58.000 feriti di minori di 14 anni a causa di incidente stradale. Al 2009 si sono registrati 186 morti e 1656 feriti in incidenti stradali nelle fasce di età fra 0 e 14 anni. Numeri in calo di anno in anno, ma ancora importanti.

Il ruolo delle amministrazione locali
La sicurezza dei ciclisti è diventata priorità delle amministrazioni locali più schierate sul fronte della riduzione del traffico e dell'incentivazione alla mobilità sostenibile: le scuole in particolare sono un ottimo laboratorio per la sensibilizzazione alle forme di mobilità alternativa e al rispetto delle regole, oltre che il luogo principe per migliorare la viabilità e la sicurezza di pedoni e ciclisti.

Fra i comuni che più stanno investendo sulla mobilità sostenibile vi è il comune di Reggio Emilia: oltre ad incentivare l'informazione nelle scuole e supportare i genitori che organizzano i BiciBus, convogli di biciclette che percorrono il tragitto casa-scuola sotto la supervisione di un adulto, il comune ha provveduto e sta provvedendo a rendere sicuri i tratti interessati dal transito degli alunni, tutti obiettivi promossi attraverso il Manifesto per una mobilità sicura, sostenibile e autonoma nei percorsi casa-scuola.

Anche la Provincia di Torino ha avviato nel 2004 un tavolo nell'ambito dell'Agenda 21 denominato Qualità della vita e mobilità sostenibile intorno ai plessi scolastici che ha prodotto progetti di educazione alla mobilità sostenibile come Strade più belle e sicure (che nell'anno scolastico 2011/2012 diventa Strade sicure x andare a scuola) e intrapreso alcune opere di messa in sicurezza. Analogamente all'esperienza emiliana, gli interventi si basano su coinvolgimento dal basso nelle scuole e progetti di riqualificazione urbana e stradale ad opera degli enti locali.

Rendere sicuro il percorso casa-scuola: propositi realizzato a metà
Sono ormai diversi anni che il concetto di mobilità sostenibile è entrato nelle preoccupazioni degli enti locali: a fronte della buona volontà di genitori e insegnanti, gli interventi di messa in sicurezza procedono a rilento: quando anche sono disponibili progetti di intervento dettagliati, come nel caso della Provincia di Torino, ci si accorge che la situazione è rimasta per lo più immutata, con attraversamenti pedonali nei pressi delle scuole che continuano ad essere pericolosi.

Se è vero che le conseguenze della crisi economica stanno mettendo a dura prova le casse degli enti locali, spesso le risorse per la mobilità sostenibile sono usate in modo inefficiente. Attraversamenti pedonali fatti da pochi mesi e quasi subito smantellati per il rifacimento del manto stradale, progetti come il piemontese Movicentro (interscambio modale) che ha ingurgitato milioni di euro e che, nei casi in cui il costruttore abbia avuto la fortuna di non fallire in corso d'opera, si è tradotta in una serie di cattedrali nel deserto per una progettazione sbagliata dall'alto.

Alle volte anche i cari cittadini ci si mettono di mezzo. Emergono nella cronaca locale le prime avvisaglie di ciò che rischia di diventare una di quelle tristi mode della grottesca litigiosità italiana, invero già sperimentata in città come New York: l'assalto degli automobilisti alle piste ciclabili. Parte come una lamentela e finisce con l'occupazione anche fisica degli spazi che faticosamente i ciclisti si sono riconquistati nell'ambiente urbano.

Quella che inizia come una lotta contro un ambiente urbano diventato ostile si traduce presto in una lotta contro l'abitudine e le false comodità, una lotta con noi stessi. Riuscire a non trasmettere vizi che facciamo fatica a combattere alle future generazioni sarebbe già un passo avanti.

Per saperne di più

  • Curo le rubriche a tema ambientale di bici.news e outdoorpassion.it. Seguo la parte tecnico-informatica di Outdoor Passion. Twitter: @emazangarini

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