Intervista ai tecnici Fir: curiosità, tecnica e chiarezza.
Di EMANUELE IANNARILLI ,
Le ruote rappresentano nel mondo della mtb una variabile che negli anni ha preso sempre più spazio allo sviluppo, alla tecnica, mettendo in gioco ingegneri, materiali, ricerca, innovazione. Negli anni gli standard si sono modificati, sono state introdotte tante novità che ancora portano strascichi in termini di affidabilità messa in relazione alla leggerezza. Ricordiamo bene che gli ultimi anni delle 26” erano stati caratterizzati da ruote quasi perfette che puntavano quasi ed esclusivamente la competizione sul prezzo in confronto alla leggerezza. Con l’entrata dello standard 29” si è messo in moto un nuovo concetto di ricerca che potesse dare garanzie soprattutto in termini di rigidità alla ruota dato il suo più ampio raggio. Ciò ovviamente si pagava a volte in termini di affidabilità a volte in termini di leggerezza. I nuovi passi della tecnologia hanno introdotto negli ultimi anni se non addirittura in questa stagione alcune modifiche importanti che dovrebbero aiutare sia le 29” che le 27,5” che di per se comunque pagavano meno dazio in termini di rigidità data la minor misura. Abbiamo voluto chiarire alcuni aspetti con i tecnici di FIR Fabbrica Italiana Ruote che ci incuriosivano ma che soprattutto ancora oggi rappresentano punti interrogativi per coloro che ne masticano poco o che si trovano dalla mattina alla sera a dover prendere una decisione di acquisto e doverla affrontare solo per “sentito dire”.
Riccardo buongiorno. Da quanto tempo collabori allo sviluppo delle ruote Fir e che ruolo ricopri all’interno della stessa azienda?
Buongiorno, è da poco che sono entrato a far parte del progetto FIR, diciamo fine 2015, ed assieme a Stefano Scapin ci siamo presi cura dell’evoluzione tecnica delle ruote in primis con l’aggiornamento di tutta la gamma MTB ai nuovi standard.
Tralasciando per il momento le differenze tra l’alluminio e il carbonio che forse sono argomenti ad oggi molto trattati, vorremmo capire meglio in parole semplici la differenza tra la costruzione a “J” e quella “Hookless” che alcune azienda stanno adottando tra le quali Fir per le ruote del segmento alta gamma. Ma soprattutto ci incuriosisce come la ruote si ancori con sicurezza al cerchio anche “mancando un pezzo”.
Il profilo Hookless è una soluzione nata principalmente per i cerchi in carbonio, il modo principale in cui i cerchi in carbonio si rompono è per un danno da impatto. Il disegno dei cerchi Hookless presenta una solida spalla dritta al posto della classica a “J” rovesciata, questo comporta una maggior resistenza all’impatto perché il punto principale di rottura è proprio dove avviene la lavorazione di fresatura per creare la sede a “J”.
Evitando questa lavorazione abbiamo quindi una maggior resistenza all’impatto senza ridurre la capacità di ritenzione della gomma, che ormai è data dal canale interno rialzato sul bordo del cerchio, come nel settore auto motive, dove le tolleranze delle gomme sono precise da anni e non hanno bisogno del gancio di ritenzione.
Tutto ciò ci ha convinto ad adottare questa soluzione sulle nostre migliori ruote, sia in carbonio che alluminio.
L’ultima battaglia in termini di innovazione si sta combattendo a suon di “numeri”. Stavolta però non parliamo di prezzi, quella è una battaglia annosa e vecchia come il commercio. Oggi parliamo di canali, precisamente di canali interni. C’è chi addirittura vede il “futuro” verso la sezione 30 senza possibilità di ritorno; chi invece teme che l’esagerazione nella larghezza del canale sia a volte controproducente. Cosa ne pensate in Fir tenendo conto di quelli che sono i vantaggi già citati in un articolo precedente (link articolo) e che condividiamo?
Personalmente sono innamorato dei canali larghi nella MTB, prima di lavorare in FIR ho collaborato con mio padre nel suo negozio per quasi vent’anni, ed essendo anche un appassionato negli ultimi anni ho visto da vicino e provato in prima persona le differenze che possono esserci tra i vari cerchi, ed è innegabile che un cerchio più largo aumenta l’impronta a terra della copertura aumentando il comfort di guida ed il grip, oltre che la trazione in molti casi.
Però c’è sempre da tener presente che le coperture in commercio sono state pensate per cerchi di una certa larghezza, e se è vero che nell’enduro si stanno allargando tutte le coperture da sezioni di 2.3 a sezioni 2.5 (qui alcune addirittura con disegni specifici per cerchi larghi) e nell’ XC dal 2.0 al 2.2 è altrettanto vero che non vi siano gomme specifiche da XC con sezioni di 2.3 o superiori.
Per il motivo di qui sopra pensiamo che la larghezza ideale dei canali oggi sia di 25mm per uso XC (coperture 2.2) e di 30mm per l’enduro (coperture 2.3-2.6)
Passiamo ad analizzare un aspetto che dovrebbe essere un “pro” che i canali maggiorati hanno e cioè la pressione della gomma. Sappiamo che le pressioni minori portano vantaggi di guida innegabili, grip, resistenza alla foratura etc. Ma sentendo pareri “profani” di biker ci si chiede se ciò possa in un certo senso “rallentare” la corsa a causa di una maggior impronta a terra con conseguente maggiore superficie di attrito. Sfatiamo il mito oppure semplicemente i vantaggi compensano in maniera abbondante questo “contro”?
Il fatto che in FIR abbiamo sposato il progetto DeanEasy dovrebbe già rispondere a questa domanda, l’abbassamento delle pressioni da dei vantaggi così grandi da sopperire alla minor scorrevolezza, ovviamente il tutto è da contestualizzare in base al percorso, sta alla sensibilità ed esperienza del biker scegliere la pressione adatta alle condizioni del terreno.
Passiamo al Boost sei d’accordo. Se ne parla tanto ma ancora pochi hanno ben chiaro a cosa porta questo nuovo “standard” ideato da Sram in collaborazione con Trek. Spiegacelo come se fossi un biker che spiega a un neofito perché dovrebbe scegliere il boost piuttosto che lo “standard normale”.
Perché lo standard normale è morto! Boost è semplicemente meglio, più rigido, renderà la guida della bici più precisa grazie alla minor flessione della ruota, ma non vi cambierà la vita, detto in parole povere, se hai una bici non boost non ha alcun senso cambiarla solo per passare a boost, ma allo stesso tempo non ha alcun senso comprare una nuova bici priva del nuovo standard, se non in occasione.
Vogliamo concludere questa chiacchierata con un chiarimento che secondo noi ha un po confuso tanti appassionati considerato che a volte nei discorsi di tutti giorni si utilizza impropriamente e cioè si confonde boost e plus. Del Boost ne abbiamo parlato poco fa, il plus cosa rappresenta effettivamente e che vantaggi porta? Ma soprattutto chi dovrebbe avvicinarsi più al Plus? (Enduro?Xc?Marathon?).
Nessuna delle tre categorie che hai citato, il Plus si sta affermando sul mercato per quello che è: l’ideale per aumentare la confidenza di guida a chi ne ha poca, non da vantaggi in termini di scorrevolezza o in caso di guida aggressiva, quindi non credo entrerà mai prepotentemente in alcun tipo di settore agonistico, piuttosto sta diventando il riferimento per quanto riguarda le bici da Trail, ed in particolare le e-bike.
I vantaggi delle ruote plus sono sicuramente una maggior impronta a terra che legata alla bassa pressione di utilizzo aumenta la confidenza di guida permettendo a chi va piano di scendere più veloce, ma paradossalmente a chi va forte fanno andar più piano a causa della maggior cedevolezza del fianco in curva piuttosto che il maggior attrito.
Il Boost come hai giustamente fatto notare nasce per aumentare la rigidità nelle ruote da “29 standard, poi per le Plus è diventata una necessità per poter far stare le gomme da 3.0” senza far toccare la catena dal copertone.
Grazie della disponibilità a te e a Fir per il tempo che ci avete concesso.
DI Emanuele Iannarilli