Giro dell'Appennino: il primo è Firsanov, il russo con la maglia colore del mare
Di GIANCARLO COSTA ,
Il resistente Giro Dell’Appennino di quest’anno prende forma e vita da Serravalle Scrivia sotto un burrascoso vento che fa da presagio alla nebbia, alla pioggia ed alle improvvise folate che flagelleranno la corsa sulla Bocchetta ed oltre.
Al foglio firma si presentano i protagonisti di quella che viene definita dai più “l’ultima corsa in bianco e nero”, l’Appennino, vero e proprio patrimonio del nostro ciclismo che da sempre si svolge tra Liguria e Piemonte scavalcando e riscavalcando, come a cucire e ricucire il confine tra le due terre.
Esso valica monti che furono rifugio ed anche atroce eccidio delle resistenze partigiane, scollina i colli che furono palestra per il “campionissimo” ed i suoi “angeli”, attraversa paesi e piccoli borghi dove si parla l’idioma genovese, anche se si è in terra mandrogna.
Esso quest’anno è orfano della sua Genova, ma nonostante i mancati contributi ecoomici, è riuscito a sopravvivere facendo di necessità virtù, trovando riparo e risorse e in quel di Chiavari, nella riviera di levante, dove è stato fornito il supporto economico e logistico per far sì che l’evento si compia; che una storia di settantasette anni possa continuare.
E’ per questo che la prima asperità, quella che da sempre è simbolo della corsa, il Passo della Bocchetta, viene affrontato dopo circa novanta chilometri, dopo la padania inferiore e dopo il “mangia e bevi” di tra Novi e Gavi.
La “Salita Delle Streghe” pare non aver gradito lo sgarbo obbligato. In vetta raffiche di vento, nebbia, pioggia gelata, temperature sotto i nove gradi; un clima da “classica delle foglie morte”.
Sprint a due; la spunta Madrazo, forte grimpeur della Caja Rural, che taglia per primo la linea bianca sbucando dalla fitta nebbia e gettandosi in discesa praticamente alla cieca.
La “Salita Delle Streghe” si trasforma in “discesa degli spiriti”; le raffiche di vento, la scarsa visibilità e la pioggia a tratti battente, fanno ruzzolare parecchi del gruppo. Chi scrive, nel scendere dalla cima, scorge sul fondo stradale i “cocci” delle borracce dei malcapitati che stanno ad indicare il luogo dell’incidente, dove il plotone è esploso, ed il cronista trova per le terre i resti dei botti, come in una mattina di Capodanno.
Discesa, Pontedecimo, culla dell’Appennino. Risalita verso Crocetta d’Orero prima, e Passo della Scoffera poi. Attacchi contrattacchi, gruppo reattivo con la “banda Reverberi” ed i “soldati di Savio” tra tutti.
Val Fontanabuona, abitato di Gattorna, e svolta a destra verso il Colle Caprile per poi raggiungere Recco, capitale della pallanuoto e della focaccia al formaggio.
Nella tortuosa discesa si avvantaggia Prades, iberico della sempreverde Caja Rural. Lo spagnolo imbocca per primo l’ascesa verso Ruta di Camogli dove da dietro, ma dalla testa dello sparuro gruppo di superstiti, parte una maglia color del mare della russa Gazprom; è Firsanov.
Ha forza, lucidità ed acume, sto ragazzo già primo alla Coppi e Bartali, breve corsa a tappe organizzata dal GS Emilia di patron Amici.
I continui saliscendi della panoramica a strapiombo sui golfi, prima Paradiso, poi Tigullio, hanno pendenze accessibili da permettere all’inseguitore di passare il cambio sul “padellone” senza per questo diminuire la frequenza di pedalata.
Così raggiunge Prades, rende vano l’inseguimento di Ficara e del plotoncino più dietro; successivamente, staccato l’iberico, scollina sulle Grazie e si getta a capofitto su Chiavari.
Il suo arrivo solitario sul lungomare chiavarese è accolto da un folto pubblico che fa da cordone persino alla statua monumentale di Cristoforo Colombo che, posta all’imbocco della promenade, pare far da porta d’ingresso verso il traguardo, come la fontana di Via Roma nella “Classicissima” sanremese.
Primo Sergei Firsanov.
Dietro Francesco Gavazzi e Mauro Finetto si scannano a suon di colpi di reni nella volata per i posti d’onore; transitando nell’ordine in quello strano gioco dei ruoli che fa del primo dei battuti l’uomo più triste del podio.
Premiazioni ed interviste più lunghe del solito; perché Sergei non spiccica una parola né di italiano, né di inglese, tanto che il massaggiatore deve prestarsi ad interprete.
Chi scrive strappa un sorriso al vincitore quando il masseur traduce la sua frase “Sergei lo sai che la maglia dei gran premi della montagna al Giro d’Italia è azzurra come la tua?”
Firsanov risponde “strane” parole che l’improvvisato traduttore riporta all’improvvisato cronista “Mi fa piacere che sia dello stesso colore; grazie per l’augurio amico italiano”.
La giornata termina con i saluti a tutta la “Brigata Carrozzino” che ha organizzato l’Appennino.
Loro, tutti Loro, sono il sale del ciclismo, sono l’essenza di uno sport che è metafora di vita. Organizzatori “resistenti” che offrono tempo, risorse e passione per la loro corsa; per la corsa del cuore.
Organizzatori “Partigiani”; e Beppe Fenoglio, uno dei grandi narratori del secolo scorso, soleva dire che “Partigiano, come Poeta, è parola assoluta”.
Di Mauro Percudani.