Gianni Bugno: i corridori non possono rischiare la pelle perchè l'organizzatore non può garantire uno standard di sicurezza
Di GIANCARLO COSTA ,
Il dolore e lo sgomento per la morte di Bjorg Lambrecht è ancora palpabile in gruppo, ma non è solo per questo che i corridori impegnati al Binck Bank Tour stanno alzando la voce. La sicurezza in corsa è sempre stata una priorità per i protagonisti del mondo del ciclismo e i loro rappresentanti che pretendono provvedimenti immediati per tutelare i ciclisti.
La corsa tra Belgio e Olanda da quando è scattata il 12 agosto ha dimostrato di non essere di livello World Tour, titolo riconosciutogli dall'Unione Ciclistica Internazionale, nonostante evidenti lacune organizzative a cominciare dalla scelta dei percorsi. I partecipanti si stanno lamentando in modo uniforme per le strade strette, gli ostacoli non segnalati, le curve e i buchi sul manto stradale in prossimità degli arrivi, resi ancora più pericolosi dal maltempo, che di frequente imperversa in questa zona durante il mese di agosto, dal pericolosissimo attraversamento di tifosi, da transenne pericolose.
«Il nostro delegato ha segnalato i tanti problemi agli organizzatori e all'UCI, il cui delegato alla sicurezza dovrebbe finalmente arrivare oggi in loco. I corridori stanno affrontando un percorso cittadino ad ostacoli, io mi chiedo: chi lo ha autorizzato? Domani si concluderà questa corsa, ma a queste condizioni non è accettabile attaccare il numero alla schiena» interviene Gianni Bugno, presidente dell'Associazione Internazionale dei Corridori.
«Ci sono delle norme e vanno rispettate. In questo momento non ci interessano le sanzioni che verranno comminate, gli incidenti vanno prevenuti, non possiamo andare avanti così. I corridori non possono rischiare la pelle perchè l'organizzatore non può garantire uno standard di sicurezza di un certo tipo. Certe mancanze non sono ammissibili, un evento organizzato in questo modo non può far parte del World Tour» insiste il due volte campione del mondo.
«Siamo stufi, l'UCI ci ringrazia per le nostre segnalazioni ma non fa molto per cambiare le cose. Crediamo nel lavoro di squadra, nel dialogo e nell'operato delle commissioni, ma non possiamo permetterci di essere presi sotto gamba. Non possiamo più accettare questo modus operandi. Se è questa l'attrattiva del ciclismo a cui la federazione internazionale sta mirando stiamo decisamente andando nella direzione sbagliata».
Fonte CPA Cycling Press Office